giovedì 23 maggio 2013

Le Zanzare di Dio

di Andrea Torquato Giovanoli da costanzamiriano.com
Ecco: arriva l’estate qui in città, e con essa comincia lo sciamare delle zanzare.
E se c’è una specie animale che detesto è proprio quella di tali odiosi parassiti.
Massima comprensione per rondini, rane e pipistrelli che se ne nutrono, ma siccome anche di queste ultime specie oramai non c’è quasi più traccia, almeno qui in città (ed è forse giusto questo il guaio), si capisce bene che delle zanzare non c’è davvero più nessun bisogno.
Oltretutto si accaniscono sui bambini, le vigliacche, ed ogni volta che i miei amati pargoletti rientrano in casa mi tocca assistere al pietoso spettacolo di vederli sfregiati da bubboni ed arrossamenti in ogni brandello di pelle scoperta: le odio, posso?
So che non è bello, che come cristiano dovrei “francescanamente” amare tutti gli animali, perché anche le zanzare sono “creature del Signore”, ma proprio non mi riesce di soffocare la viscerale antipatia che provo nei loro confronti: sono intimamente convinto che questi detestabili succhiasangue alati siano la prova inconfutabile che la Creazione soggiaccia anch’essa al peccato adamitico.
Perché sono vere macchine del tormento: i vampiri almeno di giorno non se ne vanno in giro a far danni (sì, ok, tranne quelli della saga di twilight), le zanzare invece lavorano notte e dì, per tre stagioni su quattro, andando in “vacanza” proprio in quel periodo dell’anno in cui per il freddo si ricopre ogni centimetro di pelle e quindi, anche se ci fossero, non darebbero fastidio (e forse è proprio per questo che non ci sono).
Almeno, dico, si limitassero a succhiare quel goccino di sangue che gli serve e basta, uno potrebbe anche tollerarlo, mannò: sono tanto infingarde che ti inoculano il loro pruriginoso secreto anticoagulante, cosicché nemmeno volendo puoi far finta di niente, perché se il bubbone bianco aureolato di rosso che ti lasciano come marchio lo puoi ignorare, per non sfregarti convulsamente l’epidermide, invece, ci vuole un vero e proprio sforzo di volontà, tipo martire sulla grat(t)icola…
Le alternative sono tapparsi in ambienti sterili (e soffocanti), oppure cospargersi di cremine untuose e spray appiccicaticci (che, ne sono sicuro, sono tutti cancerogeni)!
Eppure tale insidioso insetto ha un che di familiare, no?
Mi ricorda, nel suo istintivo modo di vivere, proprio quella stessa natura ferita dal peccato che contraddistingue anche l’uomo redento: poiché invero, il fruitore di Eucaristia si comporta con Gesù proprio allo stesso modo.
Come la zanzara femmina punge la sua “preda” iniettando dapprima il suo liquido irritante e solo dopo ne sugge il sangue al fine di assicurare alle uova che porta in grembo il primo nutrimento per la schiusa, così pure il credente, nell’accostarsi al Cristo Eucaristico, lo ferisce con la puntura dei suoi peccati, gli inietta il tormentoso liquame delle sue colpe e si riempie in cambio della sua sostanza salvifica, così da poter poi “deporre” le sue opere nel mondo, ora vivificate dalla divina grazia.
Paragone disgustoso, ne convengo, ma il nocciolo del parallelismo mi pare si nasconda proprio qui: mentre il sottoscritto, se becca una zanzara in flagranza di “puntura” non ci pensa due volte a schiacciarla con una manata furente, Gesù, pur subendo un martirio ben peggiore per la nostra reiterata miseria, non batte ciglio, ma anzi si dona in pasto ogni volta alle turbe sciamanti di quelli come me, che come detestabilissimi parassiti, riconoscono che senza di Lui non possono vivere e perciò si artigliano al suo costato per succhiare la Misericordia che ne sgorga.
E non morire in eterno.

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