sabato 26 novembre 2011

Eppure lo hai fatto poco meno degli angeli..

"Attendere e Vegliare", da Padre Ermes Ronchi.

La parola Avvento, nell'accezione più diffusa, più che come "venuta", viene indicato come "Attesa".
L'Attesa dell'uomo per l'arrivo del Suo Adorabile.
Un Signore che si è fatto umile, che è venuto e che poi ha lasciato la Sua dimora in custodia all'uomo, dandogli stima. 
Questo tempo sarà per noi caratterizzato da due accezioni, due sono i nomi dell'Avvento: il primo è l'atteggiamento l'Attenzione.

Stare attenti significa "tendere verso", non vivere una vita distratta, usare gli occhi come strumento per discernere e scegliere. Il Profeta stesso dice "beato l'uomo dall'occhio penetrante", ciò significa che la persona che ci troviamo davanti deve entrare dentro di noi, noi ne dobbiamo guardare il volto, questa la porta attraverso cui entrare in comunione.

Il secondo nome è Vegliare, stare vigili, perchè c'è una prospettiva futura, è il vegliare di chi nella notte scruta le prime luci dell'alba, fare attenzione alle persone significa portarle dentro di noi e fare della loro storia la nostra storia, custodire il silenzio dell'incontro. Vegliare su tutto ciò che nasce, sui primi passi della luce e della pace. vegliare e fare attenzione ad ogni persona come ogni vera traccia di Dio.

Buona "Attesa"...



Gaetano Previati, "Maternità"




Amore dopo Amore

Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognun sorriderà al benvenuto dell'altro
e dirà: Siedi qui. Mangia.
amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
Offri vino.Offri pane.Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato
per tutta la tua vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d'amore,
le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti. E' festa: la tua vita è in tavola.

Derek Walcott

domenica 20 novembre 2011

Santa Elisabetta d'Ungheria -Patrona del Terz'Ordine Francecsano-



Ecco Santa Elisabetta d'Ungheria raccontata da Benedetto XVI.....



ALCUNE NOTIZIE PER VOI.....

Figlia di Andrea, re d'Ungheria e di Gertrude, nobildonna di Merano, ebbe una vita breve. Nata nel 1207, fu promessa in moglie a Ludovico figlio ed erede del sovrano di Turingia. Sposa a quattordici anni, madre a quindici, restò vedova a 20. Il marito, Ludovico IV morì ad Otranto in attesa di imbarcarsi con Federico II per la crociata in Terra Santa. Elisabetta aveva tre figli. Dopo il primogenito Ermanno vennero al mondo due bambine: Sofia e Gertrude, quest'ultima data alla luce già orfana di padre. Alla morte del marito, Elisabetta si ritirò a Eisenach, poi nel castello di Pottenstein per scegliere infine come dimora una modesta casa di Marburgo dove fece edificare a proprie spese un ospedale, riducendosi in povertà. Iscrittasi al terz'ordine francescano, offrì tutta se stessa agli ultimi, visitando gli ammalati due volte al giorno, facendosi mendicante e attribuendosi sempre le mansioni più umili. La sua scelta di povertà scatenò la rabbia dei cognati che arrivarono a privarla dei figli. Morì a Marburgo, in Germania il 17 novembre 1231. È stata canonizzata da papa Gregorio IX nel 1235. (Avvenire)

Patronato: Infermieri, Società caritatevoli, Fornai, Ordine Francescano Secolare
Etimologia: Elisabetta = Dio è il mio giuramento, dall'ebraico
Emblema: Cesto di pane

sabato 12 novembre 2011

La nostra Missione al Popolo a Sinalunga..



...ma uno sguardo molto spesso
del tuo amore dà il riflesso
e tu hai guardato proprio me
E trovo libertà nel cercare la tua gioia
e provo ad andare più in là incontro ai miei fratelli
il mondo cambierà e cambierà la storia
se proviamo ad andare più in là incontro ai nostri fratelli...



Queste parole sono prese dal canto "Incontro ai nostri fratelli" di Fra Federico Russo, e noi gifrini crediamo che "raccontino" bene quello che è stata la missione al popolo che si è conclusa proprio ieri a Sinalunga.

E cioè, un INCONTRO con i fratelli, che arricchisce prima di tutto noi missionari. Quanti volti e quante storie abbiamo conosciuto in questi giorni, e tutto ciò è stato possibile 800 anni fa per Francesco di Assisi e lo è oggi per noi che seguiamo le sue orme, solo perché entrambi abbiamo Cristo come passepartout, che apre le porte di tutti i cuori, anche quelle con la serratura un pò più "arrugginita".




Non saremmo sinceri se dicessimo che tutti ci hanno accolto con il sorriso, o che tutti hanno accolto con gioia la parola che portavamo, ma noi prima di tutto vogliamo ringraziare per primi proprio quelli che ci hanno reso la missione un pò più "difficile", perché, come anche ci ricordava in questi giorni il Vangelo, noi siamo niente altro che "servi inutili", tutto ciò che facciamo, tutti i successi che otteniamo, non cerchiamoli dunque per vanagloria o per il nostro rendiconto personale, non attribuiamoci meriti che non sono nostri, ricordiamoci sempre che noi siamo i pennarelli colorati, ma l'inchiostro e il talento nel disegnare ce lo mette Lui!

Come non ricordare anche chi, pur non credendo in nessun Dio, si è voluto confrontare lo stesso con noi, e ha dato "pepe" alle nostre condivisioni..a chi ha aperto la sua casa per i nostri centri di ascolto, momenti di condivisione e di incontro davvero preziosi.

Grazie a chi ci ha "sfamato" con pranzi e cene luculliani (tanto da costringerci al brodino il venerdì a pranzo!!!)... grazie ai bambini delle scuole elementari e ai ragazzi delle medie, che con grande gioia ed entusiasmo ci hanno accompagnato nei balli e nei canti in questi giorni, e che hanno offerto con gratuità e con la stessa euforia il loro servizio anche quando si smetteva di ballare e cantare e si iniziava a ripulire tutti i saloni!!

Last but not least... GRAZIE di cuore a don Tonino, Fra Federico, Suor Simona, Fra Agostino, Fra Matteo, Fra Alessandro, Fra Francesco, Fra David, Fra Adriano, Fra Francesco Maria, al ministro provinciale o.f.m. toscana Fra Paolo, e a tutti i terziari di Sinalunga, Serena, Guglielmo, a tutti i gifrini di Firenze e san Romano che hanno partecipato allo spettacolo finale, ai sacerdoti che ci hanno accompagnato nella Santa Messa solenne di chiusura, al nostro Vescovo, S. E. Mons. Rodolfo Cetoloni, che ci ha guidato e sostenuto nella preghiera in questi giorni.

Un abbraccio fraterno, che il Signore vi doni la Sua Pace!
I gifrini di Sinalunga,

Riccardo, Tommaso, Rachele, Angelica, Silvia, Valentina e Matteo.




mercoledì 2 novembre 2011

Sinalunga - Missione al popolo 5-11 novembre 2011

“La Missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuova motivazione” (RM 2)

Le missioni al popolo costituiscono un momento forte di evangelizzazione, di “comunicazione” del Vangelo. Naturalmente, il modo di realizzarle rispetto al passato deve tener conto delle mutate situazioni socio-culturali e delle odierne esigenze pastorali. Fare la “missione”, quindi, non è solo mettere in piedi una serie di attività, ma far riscoprire ciò che la Chiesa è e deve essere: missionaria.

“L’evangelizzazione, innanzitutto! Essa deve diventare il vostro impegno prioritario e permanente. Davanti alle sfide del secolarismo e della scristianizzazione è necessario reagire con coraggio e insieme, con capacità innovativa, lucidità di analisi e fiducia nella forza dello Spirito santo…Il nostro non è il tempo della semplice conservazione dell’esistente, ma della missione. E’ il tempo di proporre di nuovo, e prima di tutto, Gesù Cristo, il centro del Vangelo… Investite, dunque, valide energie pastorali…”
(Giovanni Paolo II, 27/10/2001).

Gli stessi Vescovi italiani in “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”, hanno tracciato il cammino dei primi dieci anni della Chiesa, in questo terzo millennio, affermando che “il compito fondamentale della Chiesa è quello di comunicare il Vangelo… Il Vangelo è il più grande dono di cui dispongano i cristiani” (n.32).
Invitano ad “una conversione pastorale” (n.46), per giungere ad una “fede adulta e pensata” (n.50).

Lo aveva già affermato Paolo VI: “Le condizioni della società ci obbligano a rivedere i metodi, a cercare con ogni mezzo di studiare come portare all’uomo moderno il messaggio cristiano” (EN n.3, in EV 5, 1590).

E Giovanni Paolo II, ai religiosi: “L’urgenza della nuova evangelizzazione (…) esige che i religiosi, oggi come ieri (…) continuino ad essere all’avanguardia stessa della predicazione dando sempre testimonianza del Vangelo della salvezza” (V centenario dell’evangelizzazione del nuovo mondo, Ai religiosi e religiose dell’America Latina, 29/06/1990).

Le missioni al popolo sono una modalità specifica di annuncio straordinario della parola di Dio proclamata da evangelizzatori animati dalla forza dello Spirito e con mandato della Chiesa allo scopo di risvegliare e confermare la fede e di rivitalizzare la comunità cristiana.
Le missioni al Popolo hanno una lunga e feconda tradizione. Da molti secoli esse hanno svolto un prezioso servizio al risveglio della fede e della vita cristiana, portando frutti di rinnovamento, conversione e fervore. Esse rappresentano una forma e modalità specifica per realizzare l'essenziale vocazione della Chiesa a evangelizzare e operare un rinnovamento della vita di fede.

L'Esortazione Apostolica post-sinodale Catechesi tradendae rileva in proposito: "Le missioni tradizionali, spesso abbandonate troppo in fretta, e che sono insostituibili per un rinnovamento periodico e vigoroso della vita cristiana, bisogna appunto riprenderle e rinnovarle» (n. 47).
La missione fa sprigionare un insieme di energie umane e soprannaturali che nella pastorale ordinaria difficilmente vengono sollecitate. Nel nostro tempo in cui si avverte fortemente l'esigenza di una nuova evangelizzazione per ricostituire il tessuto cristiano delle comunità, le missioni al popolo costituiscono uno strumento da valorizzare sapientemente. 

È bene concepire la missione al popolo come un "evento straordinario" ma da innestarsi nella pastorale ordinaria per finalizzarla allo stile pastorale missionario.

Ricordiamoci infine la sola cosa importante:

...evangelizzare è sempre opera di Dio e due cose possono bloccarla: il peccato e la paura.
Il peccato è di dire: “non serve a nulla”.

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