Siate prudenti come serpenti e semplici come colombe.
Matteo, 10, 16
Carissimi.
Con il mese di febbraio entriamo nell’ultima parte di questo lungo inverno nell’attesa della primavera. Il tempo, con l’avvicendarsi delle stagioni, ci stimola a meditare sulla nostra vita. Su come impostare al meglio il nostro cammino.
Come le stagioni ci insegnano, ogni cosa esige il suo tempo. Così il ciclo della natura che segue le stagioni. Le stesse stagioni che seguono un determinato clima. E così via. La vita dell’uomo, che è inserita in questo ciclo naturale, vive pure essa di rimando, o direttamente, la stessa dinamica.
Oggi parleremo della prudenza, che è intimamente legata alla pazienza: una importante decisione merita sempre di essere soppesata, valutata con attenzione e discernimento. Quindi, è questa una virtù dove vengono richiesti il tempo e la pazienza.
Abitualmente, noi usiamo la parola prudenza con un’accezione quasi negativa, quando vogliamo definire qualcuno come un furbacchione o una vecchia volpe. E invece della parola prudente usiamo espressioni quali “diplomatico”, “ragionevole”, “saggio”, “intelligente”..ecc.. A volte, quindi, la prudenza diventa sinonimo di furberia, in altre parole quella capacità di inventare modi per raggirare l’altro: si confonde così il bene (prudenza) con il male (furberia).
La prudenza ha a che fare con il bene e nella fattispecie con la delicatezza, la grazia e la saggezza. Essa segna l’amore e la sensibilità per il particolare, per il dettaglio, per poter poi cogliere tutto nell’insieme. Essa serve primariamente alla formazione della coscienza e a dare quindi giudizi giusti sulle realtà che ci circondano. Ella ci aiuta a leggere con equilibrio la realtà quotidiana della vita e a mettere in rapporto il vero con il bene. Ecco perché è da considerarsi radice di tutte le virtù. Perché a tutte le altre virtù ella fornisce l’orientamento.
Essere prudenti non significa sapere tutto. Non significa dare risposte a tutto. Vuol dire imparare a porre le domande giuste. Colui che offre risposte a tutto non è saggio, bensì saccente. Ecco allora che prudenza vuol anche dire anche imparare dagli errori commessi. Ma, come individuare gli errori?
La parola sapienza, che qui considereremo come sinonimo di prudenza, viene dal latino sapere, che vuol dire sapore, gusto. E la prudenza, presa in questa accezione, ci fa proprio entrare nella dimensione del gusto delle cose. E’ come se fossimo chiamati a mangiare e ruminare le situazioni, i pensieri. A riflettere. In che modo? Imparando a fare discernimento.
Il discernimento non si impara così, semplicemente. E’ un’arte che va affinata lentamente e con l’esperienza. Ecco perché nella vita cristiana è necessario fare riferimento a qualcun altro per fare un serio cammino: un padre o una madre spirituale, un confidente più esperto di noi, qualcuno che nel cammino è più avanti di noi e che noi riconosciamo come un sicuro riferimento nella vita. Da soli difficilmente impariamo quest’arte.
La virtù della prudenza ci ricorda così, per l’ennesima volta, che nella vita cristiana autentica non si cammina da soli. Ma che abbiamo sempre bisogno degli altri. Per imparare a leggere la nostra vita e quella degli altri con una prospettiva un po’ più ampia di quella nostra, piccina. Con gli occhi di Colui che ci ha amati, creati e redenti.
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