“Lo scopo è
mostrare al mondo che esiste un’altra dimensione della pace e un altro modo di
promuoverla, che appunto non sia il negoziato oppure il compromesso politico,
ma venga invece dalla preghiera, seppure da parte di persone che professano
diverse religioni."
(Il Beato Giovanni Paolo II la domenica mattina del 27
ottobre davanti a tutti i 62 rappresentanti delle religioni nel mondo riuniti
nella Basilica di Santa Maria degli Angeli)
Per celebrare
questo importante (ed assolutamente rivoluzionario!) incontro che oggi si tiene
ad Assisi, ci piace ricordare un'altra straordinaria lezione di pace e di
diplomazia internazionale, che proprio il nostro Serafico Francesco ha dato a
suo tempo in Terrasanta, e che forse ha ispirato Giovanni Paolo II a scegliere
la sua Umbria come terreno di giustizia, di accoglienza e di pace per tutti i
popoli.
Nell’ agosto
1219 San Francesco parte per la Terra Santa. Giunto a Damietta (un porto, in
Egitto, che si affaccia sul Mar Mediterraneo, al delta del Nilo, circa 200
chilometri a nord del Cairo) trovò la città assediata dai Crociati. Con uno di
quei gesti storici di cui era capace, cercò di dissuadere i suoi corregionali
dal combattere, quindi si presentò spontaneamente davanti al sultano
Malik-al-Kamil.
“Arrivati (S. Francesco e fra Illuminato) nell’accampamento dei Saraceni e
introdotti alla presenza del Sultano, questi insisteva per capire se erano
portatori du qualche messaggio oppure volevano farsi Saraceni. Risposero: ‘Noi
siamo ambasciatriori del Signore nostro Gesu’ Cristo, e siamo venuti per
salvare le anime, pronti a dimostrare con argomenti ifferutabili che nessuno
può salvarsi se non con l’osservanza della legge cristiana’. E si dichiaravano
disponibili a subire la morte per questa fede. Il Sultano, che era incline alla
mitezza, li ascoltò con bontà. Poi convocò un’adunanza dei sacerdoti, dei periti
della legge e di magnati del suo regno. Ma appena ebbe esposto il motivo di
quella convocazione, uno di loro, a nome di tutti, rispose: ‘Molto
imprudentemente ha agito colui che era tenuto di essere il difensore della
nostra legge e doveva rispondere con la spada della vendetta contro gli
avversari di essa, ed invece ha sopportato di concedere udienza a dei
profanatori della legge, davanti a tante persone’. E perciò lo
scongiurarono, in forza della legge, a condannarli a morte”. E se ne andarono.
(Fonti Francescane 2236)
Ma il Sultano disse ai cristiani: “Non sia mai ch’io condanni a morte voi che
siete venuti per la mia vita”. Aggiunse che era disposto ad affidare a loro
grandi possedimenti, se volevano rimanere con lui, e fece mettere davanti a
loro lingotti d’oro e d’argento; ma essi rifiutarono tutto, protestando che
erano venuti a cercare anime e non beni materiali. E, accompagnati da una
scorta in nome del Sultano, poterono ritornare nell’accampamento cristiano.
(Fonti Francescane 2237)
Commento di Padre Massimiliano Mizzi OFM Conv. di Assisi:
Qui vediamo che Francesco e’ andato dai Musulmani con mitezza e bontà e non con
la spada dell’odio ma con rispetto come ad un fratello che gli vuole bene.
E’andato con il messaggio dell’amore. Il Sultano l’ha capito subito questo. Ha
capito che Francesco voleva solo il bene della sua anima non di soggiogarlo
arrogantemente al cristianesimo. Il Sultano che, da parte sua ‘era incline alla
mitezza’ l’ha capito subito e accettò di dialogare con Francesco e il loro
dialogo era basato sul rispetto da tutte e due le parti che, nel dialogo, è una
regola fondamentale .
Se Francesco fosse andato con l’arroganza dei Crociati, con l’odio e la
vendetta, il Sultano l’avrebbe condannato a morte immediatamente secondo la
legge coranica. Invece, contro il consiglio dei sacerdoti Musulmani e degli
esperti della legge, l’ha ascoltato volentieri e voleva tenere Francesco con se
e riempirlo di possedimenti, d’oro e d’argento.
Un’ altra cosa da notare è che Francesco era pronto a subire la morte piuttosto
che usare violenza con il dissidente. Non ha nemmeno minacciato l’altro se non
accettava la sua tesi ma ha rispettato la libertà di coscienza dell’altro,
regola sacrosanta per chi vuole vivere in pace con l’avversario.
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