giovedì 27 ottobre 2011

Benedetto, oggi pellegrino ad Assisi per la pace

“Lo scopo è mostrare al mondo che esiste un’altra dimensione della pace e un altro modo di promuoverla, che appunto non sia il negoziato oppure il compromesso politico, ma venga invece dalla preghiera, seppure da parte di persone che professano diverse religioni."  
(Il Beato Giovanni Paolo II la domenica mattina del 27 ottobre davanti a tutti i 62 rappresentanti delle religioni nel mondo riuniti nella Basilica di Santa Maria degli Angeli)





Per celebrare questo importante (ed assolutamente rivoluzionario!) incontro che oggi si tiene ad Assisi, ci piace ricordare un'altra straordinaria lezione di pace e di diplomazia internazionale, che proprio il nostro Serafico Francesco ha dato a suo tempo in Terrasanta, e che forse ha ispirato Giovanni Paolo II a scegliere la sua Umbria come terreno di giustizia, di accoglienza e di pace per tutti i popoli.

 






Nell’ agosto 1219 San Francesco parte per la Terra Santa. Giunto a Damietta (un porto, in Egitto, che si affaccia sul Mar Mediterraneo, al delta del Nilo, circa 200 chilometri a nord del Cairo) trovò la città assediata dai Crociati. Con uno di quei gesti storici di cui era capace, cercò di dissuadere i suoi corregionali dal combattere, quindi si presentò spontaneamente davanti al sultano Malik-al-Kamil.


“Arrivati (S. Francesco e fra Illuminato) nell’accampamento dei Saraceni e introdotti alla presenza del Sultano, questi insisteva per capire se erano portatori du qualche messaggio oppure volevano farsi Saraceni. Risposero: ‘Noi siamo ambasciatriori del Signore nostro Gesu’ Cristo, e siamo venuti per salvare le anime, pronti a dimostrare con argomenti ifferutabili che nessuno può salvarsi se non con l’osservanza della legge cristiana’. E si dichiaravano disponibili a subire la morte per questa fede. Il Sultano, che era incline alla mitezza, li ascoltò con bontà. Poi convocò un’adunanza dei sacerdoti, dei periti della legge e di magnati del suo regno. Ma appena ebbe esposto il motivo di quella convocazione, uno di loro, a nome di tutti, rispose: ‘Molto imprudentemente ha agito colui che era tenuto di essere il difensore della nostra legge e doveva rispondere con la spada della vendetta contro gli avversari di essa, ed invece ha sopportato di concedere udienza a dei profanatori della legge, davanti a tante persone’.  E perciò lo scongiurarono, in forza della legge, a condannarli a morte”. E se ne andarono. (Fonti Francescane 2236)
Ma il Sultano disse ai cristiani: “Non sia mai ch’io condanni a morte voi che siete venuti per la mia vita”. Aggiunse che era disposto ad affidare a loro grandi possedimenti, se volevano rimanere con lui, e fece mettere davanti a loro lingotti d’oro e d’argento; ma essi rifiutarono tutto, protestando che erano venuti a cercare anime e non beni materiali. E, accompagnati da una scorta in nome del Sultano, poterono ritornare nell’accampamento cristiano. (Fonti Francescane 2237)

Commento di Padre Massimiliano Mizzi OFM Conv. di Assisi:
Qui vediamo che Francesco e’ andato dai Musulmani con mitezza e bontà e non con la spada dell’odio ma con rispetto come ad un fratello che gli vuole bene. E’andato con il messaggio dell’amore. Il Sultano l’ha capito subito questo. Ha capito che Francesco voleva solo il bene della sua anima non di soggiogarlo arrogantemente al cristianesimo. Il Sultano che, da parte sua ‘era incline alla mitezza’ l’ha capito subito e accettò di dialogare con Francesco e il loro dialogo era basato sul rispetto da tutte e due le parti che, nel dialogo, è una regola fondamentale .

Se Francesco fosse andato con l’arroganza dei Crociati, con l’odio e la vendetta, il Sultano l’avrebbe condannato a morte immediatamente secondo la legge coranica. Invece, contro il consiglio dei sacerdoti Musulmani e degli esperti della legge, l’ha ascoltato volentieri e voleva tenere Francesco con se e riempirlo di possedimenti, d’oro e d’argento.

Un’ altra cosa da notare è che Francesco era pronto a subire la morte piuttosto che usare violenza con il dissidente. Non ha nemmeno minacciato l’altro se non accettava la sua tesi ma ha rispettato la libertà di coscienza dell’altro, regola sacrosanta per chi vuole vivere in pace con l’avversario. 

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