mercoledì 3 aprile 2013

Il Canto nella S. Messa

Nella Liturgia, soprattutto nella Santa Messa, ogni cosa ha la sua importanza e la sua ragione d’essere. Il canto liturgico, assieme ad altri elementi – quali i gesti e le posizioni del corpo -, aiuta la persona ad entrare in un’atmosfera che la conduce al di là delle contingenze puramente terrene ed umane. Quando, infatti, durante una celebrazione liturgica si esegue un canto, i sensi vengono toccati in modo da muovere l’affettività e la fantasia.
Il canto è prima di tutto una preghiera e, come tale, esige un profondo raccoglimento interiore ed un umile atteggiamento di fronte a Dio. Questo impegno è concretamente facilitato da una buona preparazione, che deve essere anzitutto interiore, perché il cuore sia disposto alla preghiera; poi esteriore, in modo che cantori, strumentisti e ogni altro animatore svolgano il loro compito primariamente preoccupati del servizio di lode. Occorre evitare che un’insufficiente preparazione finisca per concentrare talmente l’attenzione sugli aspetti tecnici, al punto da distogliere la mente e il cuore dalla preghiera comune.
L’essere “segni” della presenza del Signore in mezzo al suo popolo richiede, inoltre, a tutti i cantori che il loro atteggiamento interiore si manifesti, anche esteriormente, in una vita cristiana improntata all’unità di fede e di carità con la propria comunità cristiana. La necessità di possedere una sufficiente competenza comporta, poi, la fatica di un continuo sforzo per diventare adeguatamente preparati a svolgere il proprio servi zio in modo che sia, da una parte, il più possibile degno del Signore, a cui viene rivolta la preghiera e, dall’altra, rispettoso verso i fratelli a cui si intende offrire un aiuto per pregare meglio.
Evidentemente, come per ogni ministero ecclesiale, anche per il canto deve esserci una specifica attitudine: una voce, cioè, che – debitamente verificata ed educata – possa fondersi bene nel coro.

La Costituzione apostolica “Principi e norme per l’uso del Messale Romano” offre, nel terzo capitolo, “Uffici e ministeri nella messa”, un quadro complessivo di come dovrebbe sempre configurarsi ogni assemblea liturgica e del servizio che il coro è chiamato a svolgervi:
“Nell’assemblea che si riunisce per la S. Messa, ciascuno ha il diritto e il dovere di recare la sua partecipazione in diversa misura a seconda della diversità di ordine e di compiti. Pertanto tutti – sia i ministri che i fedeli – compiendo il proprio ufficio, facciano tutto e soltanto ciò che è di loro competenza, così che la stessa disposizione della celebrazione manifesti la Chiesa costituita nei suoi diversi ordini e ministeri” (n. 58).

“Nella celebrazione della messa i fedeli formano la gente santa, il popolo che Dio si è acquistato, e il sacerdozio regale, per rendere grazie a Dio, offrire la vittima immacolata non soltanto per le mani del sacerdote, ma anche insieme con lui, e imparare ad offrire se stessi. Procurino, quindi, di manifestare tutto ciò con un profondo senso religioso e con la carità verso i fratelli che partecipano alla stessa celebrazione. Evitino perciò ogni forma di individualismo e di divisione, tenendo presente che hanno un unico Padre nei cieli e che, per ciò, tutti sono tra loro fratelli. Formino invece un solo corpo, sia nellascoltare la parola di Dio, sia nel pren dere parte alle preghiere e al canto, sia specialmente nella comune offerta del sacrificio e nella comune par tecipazione alla mensa del Signore. I fedeli non rifiutino di servire con gioia l’assemblea del popolo di Dio, ogni volta che sono pregati di prestare qualche servizio particolare nella celebrazione” (n. 62).

È indicato chiaramente, innanzitutto, lo scopo del servizio del coro nella liturgia: cantare la fede cristiana. I cantori sono chiamati primariamente a professare nell’assemblea liturgica la propria fede: ciò coinvolge direttamente la responsabilità dei pastori nel provvedere alla loro formazione spirituale.
Il coro, dunque, ha due precisi compiti “tecnici” per la liturgia:
· funzione di guida nel canto;
· coinvolgimento dell’intera assemblea in una più attiva partecipazione.
Poiché il coro fa parte dell’assemblea, è evidente che anche la sua collocazione all’interno della chiesa deve corrispondere a questo principio. Benché quasi ovunque si siano abbandonate le cantorie poste sopra la porta d’ingresso o in tribune laterali, è opportuno che la posizione del coro faccia quasi da cer­niera tra i posti dei fedeli e il presbiterio, in quanto il coro fa parte dell’assemblea dei fedeli, pur svolgendo un suo particolare ufficio.
A quanto abbiamo appena detto riguardo ai compiti e alle funzioni del coro, corrisponde all’intera assemblea di partecipare anch’essa al canto, senza delegare completamente questo servizio solo al coro, il quale, come abbiamo visto, svolge il compito di guida per il coinvolgimento di tutta l’assemblea liturgica. Ogni membro dell’assemblea non deve sentirsi, per ciò, esentato dal partecipare non solo con le risposte alle preghiere del sacerdote, ma anche a contribuire con la propria voce per manifestare l’unità dell’assemblea. Qualcuno potrà obiettare – di fronte a questa raccomandazione – di non avere una voce intonata o di non conoscere il repertorio dei canti… Nel primo caso, è bene almeno intonare sottovoce senza causare disturbo a chi sta vicino, nel secondo, è importante impegnarsi per apprendere i canti di un repertorio che – in fin dei conti – non è poi così vasto.
Il repertorio dei canti

Collegandoci a quanto appena detto, occorre sottolineare che la scelta dei canti dovrà orientarsi verso quelli che meglio favoriscano la partecipazione dell’intera assemblea. Parlando di cori, occorre ricordare ancora una volta che la loro partecipazione al canto liturgico non si limita ai canti a più voci. Anche il canto ad una voce ha bisogno del coro e dei suoi solisti, sia per inquadrare e sostenere il canto di tutta l’assemblea, sia per alternarsi con essa quando la struttura del canto lo richieda.
In ogni caso, si pone il problema di una corretta scelta dei canti per la celebrazione. Bisogna tener presente: la funzione rituale (per esempio: rito della comunione, canto dopo il battesimo), la forma musicale (inno, responsorio, acclamazione), il repertorio conosciuto. Non sempre è possibile dare indicazioni precise: preoccuparsi della scelta è, però, già buon indi ce di serietà nell’approccio alla celebrazione. Scegliere, talora, può anche voler dire “decidere di non cantare”, sia per l’indisponibilità di materiali adatti (che potranno talvolta essere sostituiti dalla musica strumentale), sia soprattutto avendo a cuore l’equilibrio globale della celebrazione. Si dovrebbero così evitare alcune distorsioni che spesso ci capita di rilevare: per esempio, una prima parte della messa ricca di canti, e una liturgia eucaristica affrettata e povera; un “Santo” fin troppo lungo, mentre il salmo responsoriale è solo recitato; un canto ripetuto fino alla noia in qualsiasi rito, e in circostanze le più diverse; una celebrazione dove l’orecchio finisce per stancarsi di tante parole e suoni, mentre ha bisogno di giusti spazi di silenzio.

È importante lasciare alcuni momenti di silenzio. Non occorre affollare di canti tutta la celebrazione. È, piuttosto, necessario scegliere i canti in modo che siano distribuiti con equilibrio nelle varie parti di cui è composta ogni azione liturgica: riti d’inizio, liturgia della Parola, liturgia sacramentale, riti di conclusione. In particolare, non si suoni mentre il sacerdote dice la preghiera eucaristica (come invece si faceva quando questa era detta sottovoce).

Fonte: Vocazione.org, Padre Dermot Ryan LC

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